Recensione “Dicerie della notte” di Federico Leoni

Ho acciuffato Dicerie della notte dal tavolo delle proposte del bibliotecario.

Un fiume che scorre, come il tempo, che trascina via tutto: i giorni, i ricordi, in questo caso anche un uomo e la sua vita. Il fiume è il Tevere e il corpo che si è impigliato tra la vegetazione accanto alla banchina è quello del professor Valerio Borromeo. A trovarsi coinvolto in un’indagine involontaria è un suo ex studente, Gregorio: magistrato a Roma, attraversa un periodo di crisi personale e professionale, tra la separazione che lo ha costretto a tornare a vivere con il padre e un caso mediatico e giudiziario che rischia di rovinargli la carriera. Sulle prime, l’inchiesta sulla morte del suo ex insegnante di filosofia – omicidio, suicidio o incidente? – è un’occasione per sfuggire a un presente che lo preoccupa. Ma il passato in cui viene trascinato è quello dell’anno della maturità e in particolare di una notte che gli ha cambiato la vita, tingendogli di bianco i capelli all’improvviso e stringendo il nodo da cui, forse, ogni possibilità di felicità è stata soffocata. È ancora possibile sciogliere quel nodo? Gli incontri con i suoi amici di una volta – Flaminia, affascinante e capricciosa, e Paolo, brillante e ombroso – non aiutano a risolvere il dilemma. Nè a capire cosa sia successo davvero, chi ci fosse sulla banchina, la notte in cui il professor Borromeo è caduto nel fiume.

Il romanzo non è lunghissimo e risulta sempre scorrevole; la narrazione entra quasi subito nel vivo, dopo un primo capitoletto molto filosofeggiante. A questo proposito, segnalo che i capitoli sono tutti piuttosto brevi; lo dico soprattutto a uso di chi, come me, sente il bisogno di iniziare e finire un capitolo nella stessa sessione di lettura… so che ci siete e mi fate sentire meno sola con questa mia mania. La trama affronta passato e presente quasi senza soluzione di continuità; il ritmo è abbastanza lento, ma riesce comunque a non annoiare mai, nonostante ci sia qualche problema sui colpi di scena con uno di questi in particolare che risulta un po’ troppo “telefonato”, anche grazie a dell’ironia che viene sapientemente maneggiata e utilizzata, con parsimonia, al momento giusto. I personaggi sono abbastanza numerosi ma risultano comunque ben delineati pur mantenendo un qualcosa di enigmatico, spesso legato al loro passato ma non solo, che contribuisce a renderli ancora più interessanti. Nel complesso è stata una lettura piacevole e che consiglierei agli appassionati di gialli classici che cercano un romanzo nel quale la suspense non è altissima, ma si fa comunque sentire… e, perché no, agli appassionati di filosofia o anche, semplicemente, a chi ricorda con piacere i rudimenti di questa materia appresi alle scuole superiori.

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