Recensione “Il peso della galena” di Laura Lanza

Inizio ringraziando l’ufficio stampa dell’autrice per avermi inviato una copia di Il peso della galena – La storia della famiglia Sanna.

Il giovane e ambizioso sardo Giovanni Antonio Sanna sfida le convinzioni ottocentesche e riesce a costruire un impero personale grazie alla concessione mineraria ottenuta dal re Carlo Alberto sul campo di battaglia di Peschiera. La sua storia è emblema dell’eterno conflitto tra ricchezza e felicità, che coinvolge anche l’amata moglie Mariette e le quattro figlie: la volitiva Ignazia, la dolce Amelia, l’ingenua Enedina e la caparbia Zelì, quattro donne che cercheranno di ritagliarsi una personale felicità, pagando tutte l’amaro prezzo del peso della galena, il minerale estratto a Montevecchio. La storia della famiglia Sanna procede parallela a quella dell’Unità d’Italia attraverso le capitali di Torino, Firenze e Roma, offrendo un intimo spaccato sulle vicende che hanno caratterizzato il nostro Risorgimento, nel quadro di una rivoluzione industriale che, scardinando il sistema delle antiche ricchezze nobiliari, ha portato all’affermarsi di una nuova potente classe borghese.

Il romanzo è piuttosto lungo, ma risulta sempre scorrevole; la narrazione inizia in Francia, dove Giovanni Antonio si reca in cerca di fortuna e incontra quella che poi diventerà sua moglie. La trama è interessante e ben strutturata, copre un arco temporale piuttosto ampio: più di trent’anni, durante i quali la famiglia Sanna si trasferisce più volte e di conseguenza il lettore esplora “virtualmente” diverse città italiane e francesi. Devo dire, però, che secondo me sulle descrizioni si sarebbe potuto fare un po’ meglio: è anche vero che il testo è già molto lungo così, quindi forse l’autrice non ha voluto allungare ulteriormente il brodo, come si suol dire. I capitoli sono molto brevi, cosa che personalmente apprezzo sempre perché quando ne inizio uno devo anche finirlo: so che comunque non sono l’unica a soffrire di questa “patologia”, quindi spero che mi capirete, o almeno che lo facciano alcuni di voi lettori. I personaggi sono piuttosto numerosi e quelli principali risultano tutti ben caratterizzati: personalmente non sono riuscita a empatizzare con il protagonista, se non nella seconda parte del romanzo, perché è un figlio del suo tempo descritto magistralmente e proprio per questo un concentrato di maschilismo anche e forse soprattutto laddove si sente più illuminato… non voglio però rivelare troppo, soprattutto sulla parte in cui invece ho provato empatia nei confronti di Giovanni Antonio, per non rischiare di fare spoiler a chi vorrà immergersi in questa storia. Ci tengo comunque a rimarcare che il mio non riuscire a empatizzare con il protagonista non è assolutamente dovuto a una carenza dell’autrice, ma anzi al fatto che questa è stata davvero molto brava nel rendere l’idea di questo patriarca ottocentesco che si arroga il diritto di decidere qualsiasi cosa riguardo alla vita delle donne della sua famiglia. Il romanzo ha infatti una spiccata componente femminile, che emerge a fasi alterne nella narrazione, con la quale mi sono identificata un po’ di più nonostante le ovvie differenze legate al contesto storico e sociale: oltre alla moglie e alle figlie di Giovanni Antonio, infatti, trovano un po’ di spazio anche la madre, le sorelle e le nipoti di quest’ultimo, soprattutto nella prima parte del testo. Nel complesso è stata una lettura piacevole e che consiglio sicuramente agli appassionati di romanzi storici e di storie familiari, soprattutto a chi non si lascia spaventare da tomi di una certa lunghezza (ma voglio tranquillizzare i lettori in questo senso: non si arriva a cinquecento pagine).

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