Recensione “I vestiti che non metti più” di Luca Murano

Inizio ringraziando l’autore per avermi inviato una copia della sua raccolta di racconti.

Chi siamo quando nessuno ci osserva, possiamo davvero sentirci al sicuro? È realmente plausibile, in tali circostanze, riuscire a indossare e sfoggiare la parte più limpida di noi stessi? I protagonisti dei racconti che compongono la presente silloge prendono vita tra le pagine col desiderio di rispondere a queste domande, compiendo azioni apparentemente insignificanti e che invece restituiscono alle storie autenticità e tutta la grazia che può nascondersi dietro le banalità, le paure, le sofferenze e le speranze di cui sono intrinseche le loro esistenze: una raccolta di outfit dimenticabili, ma di reazioni e gesti indimenticabili, perché radicati in profondità in ognuno di noi. Uomini e donne sull’orlo della perdizione, studenti squattrinati, scrittori precari, giocatori d’azzardo, genitori sciagurati e figli egoisti che, con ironia e disincanto, scavano a fondo nella loro interiorità solo per scoprirsi vulnerabili, fallibili e, proprio per questo, umani.

La raccolta contiene parecchi racconti, tutti molto brevi: anche troppo per i miei gusti personali. Ognuno di questi testi segue lo stesso schema, in cui un singolo episodio, nella stragrande maggioranza dei casi poco significativo, da il là a riflessioni filosofiche molto più generali; l’idea in sé non è male, e i racconti sono anche scritti piuttosto bene, ma se uno qualsiasi di questi lo si leggerebbe volentieri da solo, oppure in una rivista con altri racconti completamente diversi nell’impostazione, dopo averne letti tre tutti fondamentalmente uguali tra di loro e in cui di base non succede praticamente nulla passa la voglia di proseguire con il resto della raccolta. Alcuni racconti nella seconda metà della raccolta mi hanno in realtà stupita positivamente, ma non sono stati abbastanza per poter onestamente consigliare la lettura dell’opera.

Lascia un commento